Interviste, Libri

“I libri come acini del sapere.” Conversazione con Antonio Corbisiero, fondatore della casa editrice Il Grappolo

di EMANUELE PETTENER

L’Italia è un Paese restio a riconoscere il patrimonio culturale dei suoi emigrati all’estero, e dei loro discendenti; nello specifico la scrittura prodotta al di fuori dei confini si studia pochissimo, quasi fosse un corpo estraneo alla letteratura italiana.Per questo il lavoro fatto da Antonio Corbisiero è innovativo ed essenziale. Il suo nome mi era noto, ma solo recentemente sono entrato in contatto con lui, attraverso un fitto scambio di messaggi: mi ha subito dato l’impressione di un uomo che vive la cultura e la letteratura con passione, visceralmente, e competenza intellettuale. Nato a Cava dei Tirreni nel 1960 e laureato in Scienze Politiche, scrittore e divulgatore culturale, nel 1988 a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, fonda la casa editrice Il Grappolo e la collana “Radici. Testimonianze letterarie italiane all’estero” grazie alla quale riporta finalmente in patria Pascal D’Angelo e il suo splendido Son of Italy, tradotto da Sonia Pendola nel 1999, a 75 anni dalla pubblicazione originale.

Come mai così tardi, malgrado questo sia un testo tanto vivo e affascinante da molti punti di vista, anche solo come documento storico? E perché, secondo lei, questa riluttanza tutta italiana a pubblicare e far conoscere la scrittura dei nostri emigrati?

L’Italia è un Paese che difficilmente riconosce e ha riconosciuto i suoi intellettuali. Basti pensare a dove sono gli archivi di Giuseppe Prezzolini…Si trovano a Lugano perché il governo italiano alla sua morte non volle acquistarli. Inoltre, manca nei libri di storia e di letteratura un capitolo fondamentale dedicato alla Grande Emigrazione dopo l’Unità d’Italia e alla letteratura dell’emigrazione. Mi permetta di aggiungere che per me La letteratura dell’emigrazione. Gli scrittori di lingua italiana nel mondo del professore Jean Jacques Marchand dell’Università di Losanna, pubblicato dalla Fondazione Agnelli con traduzione di F.M Boschetti, rappresenta la bibbia su questo argomento.

Da cosa nasce il suo interesse per la letteratura e la cultura italiana all’estero (a cui ha anche dedicato libri come Le vie del sogno, pubblicato sempre dal Grappolo)? E in particolare come ha scoperto Pascal D’Angelo?

Il mio interesse nacque da un saggio di Prezzolini che, come sa, quando capì che Mussolini avrebbe trasformato in regime il partito che aveva fondato, se ne andò a New York ad insegnare alla Columbia University. Qui scrisse America in pantofole. Un capitolo è proprio dedicato a Pascal D’Angelo, il primo grande autore della letteratura dell’emigrazione. Quando lo restituii al nostro Paese e al suo paese natale, Introdacqua, con la pubblicazione di Son of Italy, la sua autobiografia letteraria, divenne un caso letterario. Me ne aveva consigliato la pubblicazione Luigi Fontanella, nato a Mercato San Severino e docente di letteratura italiana alla Stony Brook University di New York, e volle scrivere la prefazione all’ edizione italiana. Dopo che al Salone del Libro di Torino presentammo assieme Son of Italy, inviai una copia a Furio Colombo che ne scrisse una pagina intera sulla “Repubblica”, definendo questo libro “un ponte tra due culture”.

Lei ha anche pubblicato altri scrittori di valore. Chi sono secondo lei gli autori “migranti” che meriterebbero maggiore attenzione nel nostro Paese?

Gli autori italoamericani che ho stampato nella collana “Radici”, che meriterebbe un sostegno economico governativo come patrimonio letterario fondamentale dell’Italia, sono Pietro Di Donato, Joseph Tusiani, l’educatore di origine salernitana Angelo Patri di Piaggine, Eduardo Corsi, Constantine Panunzio, Emanuel Carnevali, solo per fare alcuni nomi. Con l’amico Anthony Julian Tamburri, direttore a New York del John D. Calandra Italian American Institute comincerò una collaborazione che darà i suoi frutti nella riscoperta degli autori di origine italiana, e mi sento certo che il Ministero della Cultura sosterrà questa iniziativa.

Nel 2000 ha fondato e dirige il Centro Studi per le Migrazioni Pascal D’Angelo. Qual è lo scopo del Centro Studi?

Il Centro nasce sotto l’egida del Comune di Mercato San Severino, e la convenzione è appena stata rinnovata. Con il Sindaco Antonio Somma e l’Assessora alla Cultura Enza Cavaliere abbiamo ospitato nello scorso mese di giugno Luigi Fontanella, che ha presentato il suo romanzo Il Dio di New York (Passigli, 2017), dedicato proprio a Pascal D’Angelo. Ho invitato anche il già sindaco di Introdacqua Orlando Orsini e gli italianisti Alberto Granese e Sebastiano Martelli a parlare del nostro Pascal. Lo scopo del Centro Studi è di valorizzare la cultura e la letteratura degli italiani all’estero, e non solo del Nord America, per costituire un ponte tra culture diverse. Ora mi occupo anche di Restanza, sia attraverso una rubrica fissa sul quotidiano “Il Mattino”, sia organizzando convegni sul tema dello spopolamento dei paesi e dell’emigrazione dei giovani: perché l’emigrazione nel nostro Paese non si è mai fermata.

Nella sua formazione culturale oltre che, naturalmente, affettiva, ha avuto rilievo suo padre, il poeta Franco Corbisiero. Ce ne vuole parlare?

A mio padre, maestro elementare e poeta, in collaborazione con l’Associazione Culturale Artea dedico ogni anno un premio non solo letterario (Premio di Lettere, Giornalismo, Arti e Ambiente “Franco Corbisiero”). Quest’ anno si celebrerà il 25 ottobre nell’ Aula Magna del Liceo Torquato Tasso di Salerno con la collaborazione della dirigente scolastica Ida Lenza. Da ragazzo in estate passavo lunghe giornate a leggere i libri della vasta biblioteca di mio padre. Ero giovanissimo quando fondai la casa editrice Il Grappolo. Prese questo nome perché mio padre aveva chiamato la biblioteca Il Grappolo e, quando un giorno gli chiesi perché, mi rispose che i libri sono tanti acini del sapere.

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