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Corda e sapone: le realtà di un paese dove il pane è soffice ma la vita è dura

di DOMENICA SANTOMAGGIO DIRAVIAM

Il libro di Fabio Girelli-Carasi intitolato Rope and Soap: Lynchings of Italians in the United States (Bordighera Press), traduzione in lingua inglese dell’opera di Patrizia Salvetti Corda e Sapone: Storie di linciaggi di Italiani negli Stati Uniti (Donzelli editore) e il documentario Linciati: I linciaggi degli italiani in America (di M. Heather Hartley, Carla Matero, Peter Dawson Buck) forniscono insieme un ritratto lucido degli episodi di linciaggio che hanno coinvolto gli italiani immigrati negli USA tra il 1879 e il 1910, rimettendo in discussione la convinzione che questa forma di violenza si sia limitata alla comunità afroamericana e sia stata geograficamente circoscritta soltanto nelle aree del profondo sud a vocazione agricola. Il libro e il documentario rivelano che gli immigrati italiani erano il secondo gruppo più colpito da questo crimine d’odio , sia durante la Guerra Civile che durante l’Era della Ricostruzione, e testimoniano che gli episodi di linciaggio si sono registrati anche in regioni ad ovest del Colorado e a nord della Pennsylvania. Sorprendentemente, solo gli episodi più noti risuonano vagamente nella nostra coscienza etnica. Queste testimonianze sono essenziali al fine di ricostruire questo importante frammento dell’esperienza diasporica italiana.

La cosiddetta “legge di Lynch” ratificata in Virginia nel 1782 è il primo documento ufficiale sulla pratica del linciaggio. La legge, originariamente intesa come una rapida forma di punizione per i ladri che rubavano i cavalli, nel corso del tempo è stata modificata a livello interpretativo ed è andata via via attuandosi nella sua forma riveduta. Il linciaggio si è evoluto in atti pubblici “coreografici e spettacolari” (Girelli-Carasi ). Gli episodi sono andati oltre la tortura, i corpi morti delle vittime sono stati appesi quasi come ornamenti dalla folla, che ne ha commemorato la presenza in fotografie e cartoline. I linciaggi non sono stati effettuati come atti spontanei di violenza, ma piuttosto come forma premeditata e organizzata di terrore destinata a dare una lezione a un gruppo etnico prendendo a campione un individuo. Ciascuno dei linciaggi discussi in questi due lavori di ricerca è stato istigato da circostanze uniche, anche se la comunanza di fondo era il sistema suprematista bianco condiviso dai promotori. Salvetti enumera circostanze storiche e sociali che hanno modellato la percezione dell’egemonia degli italiani come esseri subumani, violenti, impulsivi. Gli italiani erano lavoratori volenterosi e disposti a tutto ed erano quindi percepiti come una minaccia dagli Americani e dagli altri gruppi immigrati nella lotta alla ricerca di una occupazione. Gli immigrati italiani trovarono i climi più caldi delle città del sud (come New Orleans) particolarmente invitanti per l’agricoltura e riempirono ben presto il vuoto creato dalla liberazione degli schiavi.

Alcuni migranti costruirono fiorenti attività commerciali basate sul compravendita di agrumi tra la Sicilia e gli Stati Uniti che incoraggiarono la formazione di enclavi etniche e portarono a interessi socio-politici che sconvolgevano gli ideali politici stabiliti. Il sottogruppo degli italiani che intendeva risiedere temporaneamente in America non era interessato all’assimilazione alla nuova cultura e non condivideva gli atteggiamenti pregiudiziali ai danni del gruppo etnico. Anche la pacifica convivenza degli italiani con gli afroamericani e altri gruppi di immigrati subordinati era percepita con sospetto. Il linciaggio era la tattica intimidatoria adatta per mantenere intatto lo status quo; era motivato da circostanze economiche e giustificato dal darwinismo sociale, perciò era destinato a mantenere la gerarchia politica e sociale stabilita.

“Rope and Soap” include al suo interno interessanti e accurati riferimenti giornalistici sui linciaggi, e il documentario “Linciati” mostra drammatizzazioni e rievocazioni d’epoca. Nel libro compaiono citazioni estrapolate da giornali locali (es. The Rocky Mountain News, The Evening Post e il Seattle Press Times), riferimenti giornalistici in lingua italiana (es. Il Progresso Italo-Americano e L’Italo-Americano: Gazzetta Quotidiana della New Orleans), estratti da corrispondenze federali italiane e americane tra funzionari italiani e americani (ad es. FRUS e ASDMAE), e commenti di studiosi e storici che ricostruiscono la linea temporale degli eventi e dando così sostegno alle testimonianze.

La varietà e la diffusione di questi episodi dimostrano che gli eventi, cancellati dai programmi di storia, al momento sono stati effettivamente documentati, divulgati e culturalmente riconosciuti. In effetti, gli articoli e le testimonianze giornalistiche legati ai linciaggi hanno rafforzato l’isteria di massa contro gli italiani e modellato gli stereotipi che si perpetuano fino ad oggi. In Blood of My Blood, l’autore Richard Gambino ricorda che “i discendenti di banditi e assassini che hanno trasportato in questo paese le passioni illegali, le pratiche spietate, e le società vincolate da giuramenti e alleanze, sono per noi un parassita senza attenuazione”. Sempre Gambino fa notare inoltre l’interpretazione che la legge di Lynch fosse l’unica possibilità per i cittadini di di New Orleans di impedire alla mafia di perpetrare le sue attività illegali e sanguinose. (Gambino 281). Questa immagine di una vendetta mafiosa fu il pretesto utilizzato per l’uccisione nel 1890 del capo della polizia di New Orleans, che a sua volta causò la morte di undici immigrati italiani ingiustamente impiccati per questo crimine. Le corrispondenze tra le autorità italiane e americane, in questo caso e negli altri presenti nel libro, descrivono il rapporto astioso che andava sviluppandosi tra le rappresentanze diplomatiche dei due paesi, quando il governo degli Stati Uniti sanzionava questi atti.

Il governo in queste occasioni cercò di dimostrare che le vittime erano cittadini italiani naturalizzati statunitensi, privando così il governo italiano del diritto di intervenire in merito, o offrendo indennizzi alle famiglie delle vittime , lavandosi le mani della vicenda. Chiaramente questi protocolli hanno comportato la cancellazione degli eventi dalla coscienza pubblica, e perciò testimoniano la complicità da parte dello Stato e delle autorità federali nei gravissimi crimini disumanizzanti contro la popolazione immigrata italiana. Oltre a raccontare gli eventi di linciaggio a livello nazionale degli immigrati italiani, il libro “Rope e Soap” narra anche nove episodi di potenziali linciaggi scongiurati all’ultimo minuto dalla fortuna o dall’intervento tempestivo di autorità giuste e solidali. La cronologia storica termina nel 1910 con l’esame degli ultimi linciaggi a danno di italiani, a Tampa, in Florida. Lo scenario si sviluppò intorno alla sparatoria avvenuta in una fabbrica di sigari durante uno sciopero dei lavoratori. Fu abbastanza facile accusare due operai italiani, anche se l’accusatore ammise di non aver visto chi avesse premuto il grilletto.

Una persona intervistata all’interno del documentario racconta le testimonianze desunte dalle lettere del suo prozio Rosalino. Il parente era emigrato a New Orleans alla fine del 1800 e ha sempre mantenuto una corrispondenza con i suoi familiari rimasti nel sud Italia dicendo loro che “qui in America il pane è soffice ma la vita è dura” . Sebbene il linciaggio non sia più una forma di violenza che affligge il gruppo etnico italiano , nell’ attuale clima persiste ancora l’oppressione, in parte ancora motivata da percezioni basate sull’apparenza e su comportamenti culturali male interpretati. Sarebbe opportuno che si facesse maggior riferimento a queste testimonianze del passato per farne strumenti pedagogici piuttosto che sopprimerle dalla nostra memoria collettiva.

(In copertina: illustrazione di Simona Damiani)

Qui puoi leggere l’articolo in inglese

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