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Violenza di genere e delitto d’onore in “Unto the daughters” di Karen Tintori

di MICHELA VALMORI

Unto the Daughters, memoir scritto da Karen Tintori e pubblicato nel 2007 da SMP Paperback e purtroppo non ancora tradotto in lingua italiana , riesce nell’intento di sedurre il lettore con il leit-motiv della storia d’amore più tragica e popolare di sempre: quella di Romeo e Giulietta, ambientata però nel quartiere italiano dell’east-side di Detroit. Francesca, detta Frances (la prozia della scrittrice), è pazzamente innamorata del suo Romeo, un giovane barbiere di modesta provenienza, il cui nome è andato perso nella notte dei tempi. Il loro è un amore impossibile, dunque tragico diviene il loro unico ed ineluttabile destino. Ad ogni modo, le caratteristiche che regolano le due tragedie, risultano essere fondamentalmente diverse: da un lato, la modernità di William Shakespeare si traduce in un doppio e tragico suicidio che serve però a rendere eterno una forma d’amore che vincit omnia; dall’altro lato, l’arretratezza culturale del patriarcato siciliano, tradotto in letteratura nell’opera di Tintori, si concretizza in un delitto d’onore che, all’eternità e alla sentenza dei posteri, riesce solo a consacrare il ruolo subalterno della donna e la violenza che spesso, in nome di esso, veniva perpetrata.

I fatti narrati, che rappresentano una costante in molti altri memoir migranti italoamericani, permeano il trapianto del sistema patriarcale siciliano in una Little Italy americana, seguendo la migrazione dei Costa (nome di fantasia), da Corleone a Detroit. Frances è una giovane sedicenne innamorata di un coetaneo, un povero barbiere che nulla c’azzecca con l’uomo maturo e ben ammanicato che il padre e i fratelli hanno in mente per lei: un mafioso del quartiere, molto più anziano di lei, che avrebbe sancito l’ingresso dei Costa negli “affari cittadini” e assicurato loro una vita più agiata.

Per ottenere l’approvazione della famiglia per quell’amore così impossibile, Frances pensa bene di organizzare una fuga con il suo barbiere, applicando quegli stessi codici culturali che ella stessa sembrava voler rigettare. Il padre e i fratelli della ragazza, vedendo il loro pubblicamente disonorato dall’iniziativa della ragazza, iniziano a pianificare la vendetta per quando farà rientro. E, quando ciò accade, in una sera di metà ottobre del 1919, la accolgono come si conviene ad una peccatrice che ha osato gettare l’onta della vergogna sulla famiglia: “Hai sentito tuo padre, puttana. Sei una puttana. “

Parole e gesti si fondono in un tripudio di violenza, e quella stessa notte i suoi fratelli la rapiscono, la conducono sulle rive del Detroit River off Belle Isle, la violentano ripetutamente e poi brutalizzano il suo corpo ancora vivo, unendo i suoi lembi al cemento per farla sprofondare ed annegare nelle acque del fiume. Nell’ottobre 1919, Frances fu uccisa per aver sfidato l’autorità maschile.

Nel memoir della Tintori, il cerchio della temporalità – gli anni 90’ aprono e chiudono- è supportato da quello della spazialità . Detroit rappresenta l’ambientazione iniziale e quella finale. Tempo e spazio sembrano fondersi insieme in una sorta di cronotopo letterario. La rilevanza di questo cronotopo è amplificata dalle due immagini presentate in prima e ultima pagina: nel primo capitolo, la tredicenne Karen Tintori sta per annegare nel fiume Detroit, al largo di Belle Isle, finché non viene salvata da suo padre; mentre nella scena finale, Frances, sta annegando nelle profondità dello stesso fiume per mano di suo padre e dei suoi fratelli. È qui che, all’incrocio delle coordinate di tempo, spazio e morte, giace il nucleo della storia: la giovane Tintori, la donna sopravvissuta nelle acque, rappresenta la versione femminista della donna alla quest di una nuova identità, nell’America degli anni ’60. Francesca, invece, incarna la donna che ci ha provato, ma ha dovuto mestamente soccombere al patriarcato, e dunque assurge a simbolo della subalternità femminile dell’Italia degli anni ’20.

Ampliando la prospettiva, si potrebbe dire che il padre americano salvifico del 1961, che salva la figlia dalle acque, funge da contraltare ai fratelli italiani persecutori, che provocano la morte della sorella nelle stesse acque.

L’identificazione che scaturisce inesorabilmente, evocata dalla potenza delle due immagini che parrebbero fondersi, condurrebbe quasi a ipotizzare che Tintori stia universalizzando il suo pubblico. Da un lato, la scrittrice rivolge una critica aspra e tagliente ai codici del patriarcato insiti nella sua famiglia, dall’altro lato, pare voglia rinnovare il suo grido “femminista” in un mondo in cui, nonostante i vari passi sociali, ancora tanto deve essere fatto per la completa parità di gender.

In copertina: illustrazione di Simona Damiani

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