di EMANUELE PETTENER
Per molto tempo abbiamo dovuto subire l’onta che a dare origine alla letteratura italoamericana fosse una novella scritta in francese! Peppino di Luigi Donato Ventura, insegnante di lingue romanze e scrittore freelance, apparve nel 1885, per W.R Jenkins di New York, editore specializzato in materiali educativi, ed era quindi un testo scolastico. L’anno dopo, tradotta in inglese, apriva la raccolta di racconti Misfits and Remnants, pubblicata dalla bostoniana Ticknor and Company. Peppino, come ci racconta Martino Marazzi nel suo Misteri di Little Italy (Franco Angeli, 2001) narra “del rapporto teneramente paternalistico tra l’eponimo protagonista – un lustrascarpe dodicenne dalla lucana Viggiano (…) e un Mr.Fortuna (sin dal nome, trasparente alter ego dell’autore) in cerca, appunto, di tempi migliori”; e Frank Lentricchia nella celeberrima antologia From the Margin (a cura di Fred Gardaphé, Paolo Giordano, e Anthony Tamburri) scrive un breve e incisivo saggio, “Luigi Ventura and the Origins of Italian-American Fiction” spiegando come Peppino fosse appunto da considerare il primogenito di quella che chiamiamo letteratura italoamericana. Almeno fino a quando la studiosa Carol Bonomo Albright scorge, in un catalogo di libri rari, il titolo bizzarro di un romanzo, Lorenzo and Oonalaska, a firma Joseph (originariamente Giuseppe) Rocchietti. Siamo nel 2000 e la Bonomo Albright, dopo le dovute ricerche, in un articolo di sole quattro pagine intitolato “Earlieast Italian American Novel: Lorenzo and Oonalaska by Joseph Rocchietti in Virginia, 1835” sulla rivista “Italian Americana” (da lei allora diretta) annuncia orgogliosamente: “Lorenzo and Oonalaska di Joseph Rocchietti, pubblicato in Virginia nel 1835, è il primo romanzo italoamericano conosciuto”. Si tratta di un romanzo epistolare, profondamente influenzato dall’ammirazione che l’autore provava per Ugo Foscolo, una storia d’amore ambientata tra Europa e Virginia, dove Rocchietti, nativo probabilmente di Casale Monferrato, era emigrato nel 1829. Come ci spiega la Bonomo Albright, Lorenzo, giovane piemontese fuggito dalla dominazione austriaca, incontra in Svizzera una nobile inglese, se ne innamora, poi emigra negli Stati Uniti; i due giovani si scambiano lettere d’amore, raccolte (assieme ad altre scritte da protagonisti di contorno) da un non identificato narratore (che talora commenta). Ma è in realtà un romanzo di ideali politici: e quello che più colpisce, scrive la studiosa, e che ne fa davvero il primo romanzo italoamericano “in the fullest sense of the term”, è il fondersi dei migliori ideali italiani con quelli americani del tempo: il rifiuto del diritto divino dei re, l’esaltazione della ragione illuminista, l’aspirazione a una società democratica; Lorenzo auspica per l’Italia il sistema politico americano e muore in duello per difendere l’onore del padre di Oonalaska, che pure gli aveva proibito di sposare la figlia se non avesse rinunciato ai suoi ideali repubblicani, cosa per lui impossibile; e muore perché si rifiuta di sparare, in quanto aveva giurato che non avrebbe mai ucciso. Appresa la notizia, morirà di dolore e consunzione anche Oonalaska, che dell’amato condivide gli ideali e le speranze.
(In copertina: illustrazione di Massimo Carulli)