Libri, Ritratti d'autore

L’arte di Giacomo Patri da Alessandria a San Francisco

di ILARIA SERRA

Il genio italiano prende mille forme nel terreno fertile degli Stati Uniti, anche forme intagliate in fogli di linoleum. Mentre i costruttori coprivano di questo innovativo materiale plastico i pavimenti, un artista italiano usava quelle superfici gommose per creare linoleografie. Giacomo Patri è un intellettuale sconosciuto in Italia, attivo durante la Grande Depressione in California, dove si era trasferito con la famiglia da bambino. Patri è un pionere nel genere della graphic novel e nell’uso artistico della linoleografia. Il suo romanzo White Collar, recentemente riscoperto, ne è un esempio brillante.

Giacomo Patri era nato in Piemonte in un paesino in provincia di Alessandria nel 1898. Nel 1907 il padre, un barbiere, emigra in California quando Giacomo è piccolo. Solo nel 1916, viene raggiunto dalla moglie e dal figlio. Colpito dalla poliomelite quando aveva pochi mesi, Giacomo zoppica e per tutta la vita è costretto a indossare tutori in metallo. L’handicap non lo blocca e nemmeno la limitata educazione scolastica (ha solo la terza elementare): a San Francisco, nella vivace comunità italoamericana, lavora come sarto, riprende a studiare e si fa conoscere per le sue doti artistiche. Inventa perfino un nuovo tipo di scherma per giocatori zoppi. È sensibile ai diritti dei lavoratori e degli emarginati fino a diventare un intellettuale di spicco della sinistra americana.

Nel 1929 è studente alla California School of Fine Arts a San Francisco e disegna le illustrazioni per varie iniziative socialiste: per la campagna contro i linciaggi degli afroamericani negli anni ‘30, per la Brigata antifascista Abraham Lincoln che prese parte alla guerra civile spagnola, per il sindacato dei portuali (ILWU) e per i battipali nei loro scioperi del 1934. Tanto popolari erano le sue immagini che ancor oggi alcuni battipali (gli addetti a conficcare pali nel terreno in vista della costruzione) le portano tatuate sui muscoli delle gambe, incluse alcune donne (almeno così scrive il figlio, Tito, nella sua introduzione alla ristampa del romanzo del padre).

White Collars, dicevamo, è un romanzo importante. Senza nemmeno una parola. Solo disegni e contrasti bicolori in nero e in arancione. Patria vi inizia a lavorare nel 1937. Immagina una graphic novel sui diritti dei lavoratori: operai e impiegati, blue e white collars (colletti blu sono gli operai, colletti bianchi gli impiegati). Ovviamente un tema così scomodo non trova editori. Cosi, Giacomo e la moglie Stella Nicole, che è una rilegatrice, trasformano la loro casa in una stamperia. Mucchi di fogli di linoleum si impilano in salotto. Vengono incisi sulla tenera gomma con disegni che parlano senza parole. Come timbri giganti, vengono poi spennellati di inchiostro e stampati sulla carta. Nasce così la graphic novel italoamericana White Collar.

I linocuts (linoleografie) originali sono andati perduti, ma uno stampatore italoamericano di San Francisco della Pisani Printing Company ne pubblica alcuni esemplari nel 1940. La prima pagina reca la stampa “A HOME MADE BOOK”: letteralmente fatto in casa. Visto il contenuto politico pericoloso, non hanno grande distribuzione e scompaiono. Nel 2016 il figlio di Giacomo, Tito Patri, recupera questa pioniera tra le graphic novel e la ripropone con Dover Publications. È così che ritorniamo ad ammirare un’opera d’arte sconosciuta ma geniale, nel paesaggio italoamericano.

Questa è la prima pagina, il titolo, White Collar: un’immagine senza parole e di conseguenza polisemica. Il colletto bianco indica il tipo di lavoro dell’impiegato che non deve indossare una tuta da lavoro per andare in ufficio, ma il colletto è anche il muro che imprigiona l’uomo in quello che sembra un cortile carcerario. Una trappola per il lavoratore alienato e la sua ombra.

La storia che segue questo titolo è semplice e didascalica: un uomo sogna la scalata sociale. Lo vediamo andare al lavoro in treno leggendo un manuale intitolato Climb to Success. Infatti trova lavoro, compra casa, provvede per la famiglia. Ma è il 1929 e la crisi gli toglie tutto. Ecco la sua scalata in forma simbolica:

La morale del romanzo va oltre la storia. Patri ha un messaggio chiaro da promulgare: la necessità di unire le forze e di creare solidarietà tra lavoratori, operai e impiegati, blue e white collars. Infatti, sulle prime l’uomo non si accorge degli operai che faticano accanto a lui. Essi appartengono a un altro mondo, parallelo. Nell’immagine qui sotto vediamo il protagonista tornare a casa soddisfatto, tenendo il manuale sotto il braccio, indifferente ai lavoratori che faticano sulla strada.

La crisi, la povertà, le porte sbattute in faccia, la malattia e i drammi familiari (anche un aborto) cambiano la prospettiva del protagonista sul mondo. Intensa e plastica la scena riprodotta qui sotto: l’abbraccio sconsolato alla moglie.

Alla disperazione si aggiunge l’abbandono della religione (la famiglia di Patri era profondamente cattolica) che viene rappresentato efficacemente dalla sequenza qui sotto, su due pagine a fronte.

Ma l’intento del romanzo è didascalico e la conclusione conduce a uno spiraglio di speranza (quasi tutta declinata al maschile, bisogna notare). La presa di coscienza politica, nutrita dalla lettura di libri presi in prestito nella grande biblioteca pubblica e dai dibattiti di gruppo, porta alla creazione delle unioni dei lavoratori nel 1933. La libertà è un sogno in vista, come si deduce dalla stampa qui sotto.

L’ultima pagina è occupata da una “fiumana” che avanza, reminescente del quadro Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. È la stessa riscossa inarrestabile dei lavoratori, ma in versione americana e riveduta: questa fiumana include impiegati e operai (non solo i contadini di Pellizza). Se l’immagine non bastasse, l’ultima pagina riporta l’epilogo originale di John L. Lewis, che fu sindacalista e presidente dell’unione di minatori d’America (UMW) per ben quarant’anni (1920-60). “Dalla nostra esperienza” scrive Lewis, “abbiamo appreso che ogni lavoratore, sia attraverso le mani che il cervello, sia che indossi un colletto bianco o una tuta blu, deve giocare la sua parte”.

IN COPERTINA: ILLUSTRAZIONE DI MASSIMO CARULLI

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