Interviste, Libri

Cristo tra i muratori e Son of Italy: due romanzi della diaspora italiana riediti da Readerforblind

di VALENTINA DI CESARE

L’intervista alla casa editrice “Readerforblind” nella persona di Valerio Valentini, doveva essere pubblicata sull’Osservatorio alcuni mesi fa ma, per motivi organizzativi, è slittata fino a oggi ( casualmente proprio ora scopro che, esattamente il 20 aprile di 113 anni fa, Pascal D’Angelo e suo padre ottengono il permesso di andare negli Stati Uniti). Fortunatamente i libri non hanno né dovrebbero avere scadenza e il lavoro di questa casa editrice ne è un esempio lampante: abbiamo deciso infatti di invitarli qui a parlare delle loro pubblicazioni perchè, nel 2022, hanno riportato sugli scaffali delle librerie italiane due libri fino a quel momento dimenticati e, ai più, assolutamente sconosciuti. Si tratta rispettivamente di “Cristo fra i muratori” di Pietro Di Donato e di “Son of Italy” di Pascal D’Angelo, due autori dei quali è raro sentir parlare, anche da parte degli addetti ai lavori. Del resto, il destino della letteratura di emigrazione ( e di immigrazione) legate al nostro paese non è mai stato particolarmente clemente con i loro rappresentanti. Quando in Italia si tocca l’argomento della nostra diaspora, in tutte le sue fasi, le reazioni, con le dovute eccezioni, risultano spesso controverse e le motivazioni alla base di questi atteggiamenti sono così numerose e complesse da non poter essere qui riassunte . Certo è che, il più delle volte si minimizza e si narra l’esperienza migratoria a suon di stereotipi, senza accennare alle tante testimonianze scritte (letterarie e non) di autori italiani emigrati che hanno deciso di raccontare e raccontarsi, e senza fare riferimento agli altrettanti scrittori di origini italiane ( ad esempio quelli di seconda generazione, come Di Donato) che, seppur nati in un paese altro rispetto all’Italia, vivevano in maniera complessa e sfaccettata il problema delle proprie origini, della propria identità. In nessuna antologia scolastica delle scuole secondarie di primo e secondo grado, ad esempio, compaiono testi legati all’esodo italiano, nè si accenna anche lontanamente alla presenza di testimonianze letterarie a esso legate, creando un vuoto culturale e sociale non indifferente, che parte dall’età adolescenziale e che contribuisce ad alimentare la mancata elaborazione di questo importante evento storico, e delle sue infinite sfaccettature. I due romanzi, riediti con le nuove traduzioni rispettivamente a opera di Nicola Manuppelli e Sonia Pendola, fanno luce sulle condizioni lavorative degli emigrati italiani negli Stati Uniti, sulla durezza degli stereotipi abbattutisi (e non ancora scomparsi) su di loro, sulla precarietà delle loro vite, spesso appese a un filo, sul desiderio non sempre avveratosi, di riscattare le proprie esistenze. Dunque, la scelta della casa editrice di Ladispoli guidata da Valerio Valentini, è piena di significato e più attuale che mai. I due romanzi, con la prefazione di Sandro Bonvissuto e Maura Chiulli, riemergono da quella curiosa “damnatio memoriae” riservata alle voci della nostra emigrazione e ci ricordano che le migrazioni e gli sradicamenti collettivi contemporanei possono essere capiti soltanto leggendo e interpretando quelli di ieri.

Nella collana “Le polveri”, readerforblind ha scelto di riportare sugli scaffali delle librerie italiane due titoli ai più sconosciuti, “Cristo fra i muratori” di Pietro Di Donato e “Son of Italy” di Pascal D’Angelo. Due testi importanti, due voci scomparse dell’emigrazione italiana che difficilmente ci si sarebbe aspettati di ritrovare in commercio. A quali motivi si deve questa decisione?

Quando abbiamo fondato la casa editrice avevamo già chiara l’idea che sarebbe stata alla base della collana di lancio, le polveri: riportare in libreria testi che a loro tempo ebbero una valenza per la letteratura italiana del Novecento. Le opere che ristampiamo non hanno un’importanza solo dal punto di vista letterario, ma anche sociale: Pia Rimini era una donna che dava voce alle donne – così come Annie Vivanti, in uscita a novembre; Dante Arfelli e Ugo Moretti scrivono degli emarginati, di chi non riesce a trovare un proprio posto nel mondo, di chi viene abbandonato dalla società; Luciana Martini, con il suo Addio al pianeta Terra, non racconta solo la storia di un bambino rivolta ai ragazzi, nella sua opera ci sono un messaggio di pace e una riflessione profonda sul cambiamento climatico, ed è per tutti, ragazzi e adulti. Pietro Di Donato e Pascal D’Angelo scrivono delle morti sul lavoro e dell’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti D’America, verso il sogno americano. Sono testimonianze preziose di fenomeni che fanno parte della nostra storia e della società attuale.

Qual è stata l’accoglienza da parte del pubblico, specializzato o meno?

Entrambe le opere hanno ricevuto un’accoglienza enorme da parte del pubblico. Questo ci commuove, perché quando libri del genere vanno così bene significa che molta gente è sensibile a temi come quello dei diritti dei lavoratori.

Nicola Manuppelli e Sonia Pendola hanno tradotto rispettivamente i romanzi di Di Donato e D’Angelo. Che tipo di “relazione” hanno stabilito con queste due voci?

Nicola Manuppelli: Innanzittutto c’è stata la particolarità di aver ricevuto la proposta di traduzione di un libro a cui mi ero interessato tanti anni fa, una coincidenza piacevole perché su Di Donato mi sarebbe tanto piaciuto lavorare. Poi si tratta di un autore italo-americano quindi un autore che ha fatto un’esperienza simile al traduttore quando si trova ad affrontare uno scrittore di un’altra lingua, cioè aver vissuto fra due lingue. La terza particolarità è che si tratta di un autore popolare e di origine abruzzese, quindi per molti versi è un autore che sento vicino. Io non sono di origine abruzzese ma pugliese però l’estrazione è molto simile e lui ha avuto esperienze simili a quelle che ho sentito raccontare nella mia famiglia. È a queste tre basi che mi sono appoggiato per ri-raccontare la storia che Di Donato narra nel libro, un libro modernista dove le parole utilizzate esprimono non solo concetti, ma danno un colore. È un libro dove i protagonisti parlano anche con i fantasmi delle persone morte, quindi ha più dimensioni, cosa che a me piace molto e che quindi sento intima. Quando c’è questo tipo di intimità diventa non dico più facile tradurre, però più giusto nel senso che riesci a usare le tue corde e sapere che sono in armonia con le corde dell’autore che ha reso quella storia nell’altra lingua.

Sonia Pendola: Una relazione assolutamente simbiotica al punto che, come già in passato, mi sono spinta a scelte linguistiche arbitrarie dettate da un grado eccessivo di identificazione con l’autore e con la sua storia personale.

È lo stesso motivo che mi ha spinto vent’anni fa ad accettare l’offerta impossibile (e indecente) di tradurre l’opera senza compenso alcuno. D’altro canto come D’Angelo non cercavo lavoro né sostentamento, due termini incompatibili ancora oggi nel panorama letterario italiano quando si parla di traduzione, no, io cercavo un riconoscimento, un piccolo lembo di mondo su cui lasciare per sempre il mio nome.

Ero alle mie prime esperienze. Avevo autocelebrato il mio battesimo traducendo (per prima) il Prologo a Chiedi alla polvere di John Fante, scoperto per caso negli USA, e portato in Italia. Ricordo ancora il viaggio prima a Roma e poi a Milano dai due rispettivi editori di Fante di allora, che ignorarono sia me sia la traduzione, salvo poi riproporla tempo dopo, per mano di altri.

Ma ecco un paio di anni dopo che ritrovo nella dolorosa infanzia memorabile di D’Angelo anche la mia, e quella di Fante, e quella di quanti si sono aggrappati alla lingua per emergere dai fossi; nel grido strozzato di D’Angelo all’editore di The Nation c’era tutta la potenza del Prologo di Fante che mi era stato negato, pertanto sovrapporre la mia voce a quella di Pasquale ha significato per me il riscatto che l’autore ha cercato a costo della sua stessa vita: nessuno meglio di me avrebbe potuto resuscitarne la voce.

Nonostante si tratti di due testi pubblicati quasi un secolo fa, i romanzi di Di Donato e di D’Angelo sono evidentemente attuali. Per quali motivi secondo te è possibile ritrovarvi tracce dell’umanità contemporanea?

L’attualità l’abbiamo riscontrata in molte delle nostre pubblicazioni. Nel caso di Di Donato e D’Angelo ci viene da dire purtroppo. Si muore ancora tanto sul lavoro; succedeva prima e succede ora. La differenza è che le persone cominciano a capire che è intollerabile che questo continui a succedere. La presentazione che facemmo di Cristo fra i muratori, era il primo maggio, leggemmo i dati delle morti sul lavoro dei primi mesi del 2022, era un “bollettino” di guerra, qualcosa che, oltre al lato tragico della questione, è inconcepibile in una società che si definisce civile, in un paese che si definisce fra i più moderni del mondo, che si riveli un dato del genere. Per quanto riguarda l’immigrazione, invece, anche il dato è sconcertante, ogni giorno centinaia di persone (non solo giovani) decidono di andarsene dal nostro paese in cerca di “fortuna” verso un altro paese, semplicemente perché si offrono, non opportunità migliori, ma a volte solo perché si offrono opportunità che in Italia vengono precluse nonostante il curriculum scolastico e lavorativo parli chiaro. Per quanto riguarda l’immigrazione mondiale ci sarebbe da aprire un capitolo lungo e doloroso che esula le nostre competenze e soprattutto ci farebbe uscire fuori dal “tema letterario”.

Credi che sarebbe importante inserire nelle antologie letterarie scolastiche qualche estratto da opere dei nostri autori emigrati? Del resto centinaia di migliaia di persone nel nostro paese, giovani o meno giovani, con una formazione più o meno alta,  non sono a conoscenza della vasta produzione artistica (in questo caso letteraria) dei nostri connazionali/oriundi nel mondo.

Nel nostro sistema scolastico mancano tanti autori fondamentali, tra cui appunto tutti quegli autori emigrati di cui abbiamo dimenticato la produzione letteraria (o che non abbiamo mai conosciuto). Non è colpa nostra, la scuola ha una responsabilità in tal senso. Sarebbe impossibile studiarli tutti, ma sicuramente i programmi potrebbero essere impreziositi da numerose voci che darebbero ai ragazzi una conoscenza più vasta della letteratura italiana. È incredibile che qui molti non sanno chi sia Pietro Di Donato e in America faccia invece parte dei programmi universitari.

In copertina: illustrazione di MASSIMO CARULLI

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