di Peter Covino e Francesca Borrione
Vestita (testo e immagine da iPhone)
In pizzo grigio finemente ricamato a mano,
come le donne nelle vetrine dei negozi
d’abbigliamento allestite nei villaggi vacanze
sulla costiera amalfitana. Il punto e i colori
meno delicati, sgargiantemente saturi,
più grossolano il tessuto, tendente al blu-argento;
a strati la gonna irregolare, ampia nel mezzo,
ondulata, appena sotto il ginocchio. Il girocollo
basso per mostrare un’ampia scollatura, appuntato
modestamente con bigiotteria economica; sgonfiato
quel palloncino di lei che non trattiene più liquidi,
una collana intrecciata a forma di S, il cui
pomo bulboso sembrava la testa affievolita
di una figura votiva. Rosari luminosi con ciondoli
metallici, e una croce di plastica. Nessun riferimento
agli orecchini anche se li amava. Aperti in punta
e allacciati dietro i sandali neri, tacco medio
per piedi sciolti, mentre l’Ave Maria di Schubert
si incanala negli altoparlanti Muzak via Zoom,
al funerale di mia madre che mi sono perso
a causa delle restrizioni di viaggio. I suoi ultimi
riti in un italiano pasticciato ma passabile.
Pianta i tromboncelli
Pianta i tromboncelli
Con il loro fuoco seducente e le fioriture rosse
Vicino al capanno e all’ortensia.
Ma resisti alla narrazione biblica
Delle sette trombe della rivelazione
Di sangue, sventure, e amarezza.
Dammi il Settebello, invece
Espresso da Napoli a Milano.
Il jazz melodico dei treni di prima classe
Verso cugini lontani.
Il sette bello delle carte italiane
Scopa – scopri e spazza via
L’ozio domenicale, sotto
I mini paracadute
Della mimosa rigogliosa che sporcano
Il campo di minigolf improvvisato
Con residui di catrame
Piazzato dallo zio sul vialetto
Come si dice in italiano
Bitume, pece? Avanti, tocca a te
Prega che i fiori aumentino
Il valore della proprietà, ci sopravvivano
Specialmente in questo luglio vivace,
Un dono per generazioni.
Villaggio di montagna, casa depredata
Interruzioni di corrente
O d’acqua potabile
Scomparso del tutto nel vuoto
Confezione di un congelatore inesistente
Di una morte passata
L’immigrazione è un rimedio alla
muffa, la salsa resta acida.
Ogni muscolo è allungato
E l’andatura ostinata
Da questa distanza
Rosicchiano un filo spinato di calze
Contenitive. Orripilante burlesque.
Lo spogliarello è insopportabile
Un boa costrittore
Dopo l’intervento è inevitabile
Zoppicare doloranti.
Schiacciate le giunture
Della storia
Di reticenza sconfinata e
Fianchi ingombranti.
Reticente
Praticamente ogni attore di Pose
mi colpisce in quanto meravigliosamente coraggioso
e dotato eppure a volte anacronistico: il 2020
si insinua in uno show ambientato trent’anni fa.
Voglio essere anch’io sfrontato e intimo
quando il mio chiropratico mi chiede perché
ho saltato mesi di sedute. Perché il mio
amante gay omosessuale di tanti anni
è un lavoratore essenziale, un medico
votato al sacrificio di sé nella sanità pubblica
che crede sia inevitabile che molti altri
prenderanno il Covid. Ne moriranno altri.
Vuoi davvero che il mio culo privilegiato
ti dica tutta la verità? La schiena
mi fa male. Le mie mani sono screpolate
Dal tentare di grattar via la paura.
In copertina: illustrazione di Barbara Di Bernardo
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